Le fragole o le zucchine a dicembre hanno un costo ambientale elevatissimo: per farli crescere servono serre riscaldate e illuminate che richiedono molta energia (spreco energetico). Anche pesticidi e fertilizzanti utilizzati per i cibi fuori stagione sono di sintesi, spesso derivati dal petrolio. Gli ortaggi fuori stagione, dunque, risultano maggiormente inquinanti.
Considerato che gli ortaggi di stagione per crescere e maturare sfruttano l’energia del sole, vi è inevitabilmente un risparmio energetico. Se poi si scelgono prodotti a km zero, coltivati cioè vicino al luogo di residenza, il risparmio è maggiore, in quanto sono abbattuti anche i costi di trasporto.
La coltivazione delle fragole, pomodoro e melone in inverno richiede una quantità maggiore di prodotti chimici per eliminare i parassiti. Le piante che vengono “forzate” a crescere in periodi diversi dalla loro normale stagione, infatti, risultano indebolite e sono più facilmente preda di insetti indesiderati.
Una strada percorribile c’è ed è quella di puntare la nostra attenzione sulla tutela dell’ambiente e sul cibo di tutti. Quello su cui dovremmo concentrarci, è di evitare il junk food, il cibo spazzatura, economico e spesso anche appetibile, ma dannoso per la scarsa qualità dei suoi componenti. Un’ ulteriore ottima misura per la tutela dell’ambiente e della salute è la diffusione crescente fra le famiglie dell’acquisto di prodotti alimentari da produttori qualificati, in zone vicine a quelle in cui si risiede. Non solo si riduce il trasporto degli alimenti, con i vantaggi per l’economia e l’ecologia, ma si favorisce un rapporto diretto e fiduciario fra consumatori e produttori.
Nel carrello del biologico, ormai c’è posto per tutti: produttori di frutta e ortaggi, carne, pesce e latticini, vino, miele, zucchero, pasta, riso, cacao, caffè, tè, dolci e prodotti da forno, uova, oli e condimenti, ma anche merendine, snack e bevande. Certo, i cibi biologici possono costare un po’ di più ma offrono una serie di vantaggi “impagabili”: hanno un sapore più naturale, quindi sono anche più appaganti e più sazianti per il palato; sono più controllati dal punto di vista della coltivazione e dell’allevamento e non contengono sostanze d’origine chimica; per produrli, è ridotto lo spreco di materie prime, si rispetta la biodiversità e si riduce l’impatto ambientale. L’aspetto più importante che differenzia il cibo biologico da quello industriale, tuttavia va ri-sottolineato alla nostra attenzione. Vi siete mai chiesti come mai una confezione di pane industriale in cassetta a lunga conservazione, propagandato come perfetto compromesso tra comodità e qualità, nonostante l’apertura può rimanere settimane e settimane senza subire alcuna variazione? La risposta sta proprio nella presenza di sostanze chimiche, utilizzate per garantire la lunga conservazione. l cibo biologico non vuole sicuramente essere comodo per la conservazione, vuole SALVAGUARDARE LA SALUTE di conseguenza SALVARE LA VITA.
Riguardo al ruolo sociale dell’agricoltura biologica, la sua sostenibilità è già evidente nella definizione dei principi etici fondanti il sistema produttivo biologico, i quali hanno un largo impatto positivo sulla società e sulla collettività, di conseguenza sul BenESSERE comune.
Il sistema produttivo biologico risulta infatti essere coerente con i principi della giustizia sociale, per il riconoscimento del ruolo essenziale degli imprenditori, per le migliori condizioni di lavoro come salubrità e sicurezza dell’ambiente e per il positivo contributo delle imprese biologiche allo sviluppo delle comunità rurali.
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